Dante Conte (1885 – 1919)

Palazzo Ducale: Dante Conte (1885 – 1919)

Un artista nella Sampierdarena tra Ottocento e Novecento
dal 19 gennaio al 12 marzo 2023
Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti

La mostra ripercorre l’attività artistica di Conte che, nato a Sampierdarena, vi morì, appena trentatreenne, il 4 gennaio 1919, a causa dell’epidemia di “spagnola”.

Dopo gli inizi nello studio del pittore Ettore Vernazza, suo vicino di casa, Conte – grazie all’interessamento e agli aiuti dell’amministrazione comunale e, in particolare, del sindaco Nino Ronco – frequentò l’Accademia Ligustica e successivamente la scuola di scultura di Augusto Rivalta presso l’Accademia di Firenze. Se si escludono i soggiorni a Parigi e a Londra, l’artista rimase nella città natale senza ulteriori significativi spostamenti fino alla morte, partecipando a quell’atmosfera particolare della cittadina che stava trasformandosi in un centro industriale di primaria importanza, dando avvio, a livello socioeconomico, a una serie di esperimenti assai interessanti, come testimoniano, per esempio, le vicende del movimento cooperativo.

Allievo all’Accademia Ligustica di Tullio Salvatore Quinzio, fu da lui che Conte derivò il suo robusto realismo e la sua predilezione per la figura e il ritratto, come si deve al suo soggiorno parigino l’incontro con la pittura impressionista e postimpressionista che, reinterpretata in maniera decisamente originale, influenzò i suoi quadri di paesaggio. Pur restando complessivamente estraneo al clima delle avanguardie storiche e continuando a considerare l’impressionismo la sola via della modernità, Conte portò infatti avanti una ricerca personalissima che, pur partendo dall’arte ottocentesca, si sviluppò in direzione di una potente tensione espressiva, influenzata da quel clima di idee socialiste che, nel contesto sampierdarenese, trovarono in Pietro Chiesa un autorevole divulgatore.

Nei suoi ritratti a olio, le figure emergono dagli sfondi scuri grazie a una robusta modellazione dell’impasto, in cui il colore si fa greve, contribuendo a mettere a nudo la psicologia dei personaggi. Nei suoi paesaggi, i cui soggetti sono quasi sempre luoghi che il pittore conosceva bene e amava, domina spesso, invece, una sorta di lirico abbandono: in essi è la luce che trasfigura i singoli elementi, raggrumando un colore ricco, denso e materico. È come se, prendendo le mosse dalla poetica della Scuola dei grigi, Conte arrivasse a superare l’impressionismo per approdare in alcuni casi a esiti che – nonostante la sua vicenda appartata e, in fondo, provinciale – possono essere considerati in linea con alcune tendenze del postimpressionismo europeo.      

Accanto alla produzione a olio, di grande interesse sono i suoi disegni, soprattutto a carboncino. In essi – ritratti di familiari, amici, operai, lavoratori e pescatori dell’ambiente locale – si nota un approfondimento psicologico di grande verità e umanità. Le figure emergono in tutta la loro presenza e fisicità: i contorni dei personaggi sono come scavati, il tratto è talmente vigoroso e potente che spesso i suoi, più che disegni, sembrano incisioni.

La mostra vuole anche essere l’occasione per riflettere sul contesto sampierdarenese tra Ottocento e Novecento, quando a uno straordinario sviluppo industriale della cittadina, ancora comune indipendente rispetto al capoluogo, corrispose un notevole dinamismo in ambito artistico-culturale.

Sono gli anni in cui Rivalta esegue i monumenti a Garibaldi e al pittore Nicolò Barabino. Nel 1906 Gino Coppedè progetta il padiglione di Sampierdarena all’Esposizione Internazionale del Sempione di Milano del 1906. Nello stesso periodo la civica amministrazione incarica Galileo Chini e Plinio Nomellini – reduci dal successo della Sala del sogno alla biennale veneziana del 1905 – di eseguire alcune opere pittoriche per la Villa Centurione del Monastero, che avrebbe dovuto ospitare la nuova sede del comune. Se degli interventi di Chini è rimasta scarsa traccia, Nomellini realizzò i due grandi dipinti Cantiere e Gente nova, presentati alla rassegna internazionale di Venezia nel 1909 e ora esposti alla Galleria d’Arte Moderna di Nervi. Ancora nel 1905 venne infine inaugurato il Teatro Arte Moderna, raro esempio di “teatro socialista”, in cui Pietro Chiesa presentò i suoi lavori teatrali e in cui era attiva una compagnia filodrammatica permanente, impegnata in repertori popolari, ma anche politici.

Di questo clima ricco ed effervescente, Conte, nonostante il suo isolamento, fu pienamente partecipe insieme ai suoi amici artisti, tra cui in particolare Arnaldo Castrovillari e Giovanni Battista Derchi.

La mostra, avvalendosi del cospicuo prestito di un’importante collezione privata, sarà arricchita da una serie di significative opere provenienti da altre raccolte pubbliche e private.


A cura di Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva
catalogo edito da Sagep Editori


Orari

dal martedì a sabato, ore 14.30 – 18.30

Palazzo Ducale

Di Staff_ReteGenova

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