Impresa e transizione ecologica – Quale il contributo della Chiesa a un processo di innovazione?

Arcidiocesi: Impresa e transizione ecologica – Quale il contributo della Chiesa a un processo di innovazione?

Pastorale del lavoro: il pensiero di don Bignami e don Carzino sulla crisi e la ripartenza

“La transizione ecologica: il contributo del mondo delle imprese e del lavoro” è stato il titolo del Seminario del Nord Italia che si è svolto il 3 luglio a Padova, presso il Complesso Universitario del Beato Pellegrino dell’Università degli Studi. Organizzato in preparazione alla 49ª Settimana Sociale di Taranto, l’evento è stato realizzato in collaborazione con la Chiesa di Padova e la Fondazione Lanza e con il patrocinio dell’Università degli Studi.

Hanno partecipato alcuni delegati delle diocesi liguri che in questi mesi hanno intrapreso un interessante percorso di avvicinamento a Taranto lavorando in rete con uno scambio di idee e contributi che è un segnale di un lavoro ‘sinodale’ che si sta diffondendo sui territori. Nell’occasione abbiamo posto alcune domande a don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e a don Gianpiero Carzino, direttore Ufficio Pastorale del lavoro della diocesi di Genova, cappellano del lavoro, delegato a Taranto.

Il mondo del lavoro sta ripartendo dopo una crisi profonda. La Chiesa quale apporto può dare in questa fase così complessa per il nostro Paese?

La Chiesa, attraverso l’insegnamento sociale e il magistero di Papa Francesco, ci aiuta a capire questo tempo in modo innovativo. Più che di ripartenza dovremmo parlare secondo me di innovazione, di un pensiero e modello di sviluppo completamente nuovi, di un modo diverso di guardare al lavoro e alla società. Papa Francesco con La ‘Laudato Sì’ già nel 2015 ci aveva esortato a tenere presente le connessioni in cui viviamo; abbiamo pagato però qualche anno dopo il mancato ascolto delle sue parole attraverso la pandemia, che è diventata una crisi sanitaria, economica, sociale e lavorativa. La soluzione ora non sta semplicemente in un intervento economico, ma in un ‘rinnovamento di sguardi’, di capacità di fare impresa, di modelli di sviluppo. Quella che viene definita la ‘transizione ecologica’ può essere un modo innovativo di stare dentro questo nostro tempo. Penso che il magistero della Chiesa possa aiutarci davvero ad avere uno sguardo nuovo. A noi il compito di farne tesoro, di cambiare i nostri stili di vita, guardando avanti con fiducia e speranza, ma anche con la consapevolezza che non c’è tempo da perdere.

In che modo le diocesi stanno lavorando verso la Settimana Sociale?

C’è un lavoro che abbiamo condiviso, attraverso le tre macro aeree del nostro paese: Nord, Centro e Sud; ognuno ha avuto un tema speciale: per il nord l’impresa, per il centro i giovani, per il sud la crisi del Mezzogiorno. Vogliamo metterci in ascolto dei diversi territori; ogni diocesi è invitata a scegliere e a segnalare le cosiddette ‘buone pratiche’, ovvero realtà di amministrazioni, imprese e associazioni che si stanno attivando in maniera positiva per realizzare quella che abbiamo definito la ‘transizione ecologica’. C’è quindi un movimento di attenzione, ascolto e presentazione di chi già si è attivato: qualcosa è stato fatto, certamente c’è ancora tanto su cui lavorare.

L’auspicio è che da qui alla Settimana Sociale di (21-24 ottobre), tutti i territori si mettano in moto proprio per vivere un momento di carattere formativo e di maggiore consapevolezza da parte dei credenti rispetto a questi temi che non sono lontani dalla prospettiva della fede, ma anzi ne sono costitutivi. Crediamo, infatti, in Dio Padre ‘creatore del cielo e della terra’. La paternità di Dio è operante nella creazione: non possiamo perciò trascurare questi dimensioni profonde della nostra fede che diventano anche una spiritualità, uno sguardo, un modo di fare politica e economia.

 

Abbiamo posto due domande anche a don Gianpiero Carzino, Direttore Ufficio Pastorale del lavoro della diocesi di Genova

Come stanno lavorando le diocesi liguri in vista dell’appuntamento di Taranto?

Abbiamo intrapreso un cammino molto interessante: la preparazione a Taranto ci ha fornito il pretesto per costruire insieme momenti di attività e confronto, scambio e anche semplice conoscenza. Un’occasione per approfondire i temi sociali che dovremo poi portare nelle realtà territoriali: parrocchie, gruppi ecclesiali, movimenti e associazioni dei nostri territori. Non è semplice parlare a queste realtà, non viene sentita facilmente l’importanza della dottrina sociale della Chiesa. Invece forse con il tema del futuro e dell’ambiente proposti dalla settimana sociale, per il cambiamento del pianeta anche a livello economico e sociale, può essere più semplice riflettere insieme alle comunità cristiane del territorio.

A Genova quale fatiche state sostenendo nella ripartenza del mondo del lavoro?

Chiaramente la pandemia non è stata una semplice parentesi, ha cambiato il modo di impostare le attività. Da una parte ho visto una maggiore consapevolezza Da parte del territorio dell’importanza del lavoro; ad esempio, nel settore della ristorazione, tutte le attività che hanno avuto bisogno di spazi all’aperto per le normative legate al covid, hanno trovato un’accoglienza inaspettata degli abitanti e anche strutture ecclesiastiche che hanno concesso cortili e spazi esterni con un po’ di tolleranza rispetto al rumore e alla confusione serali. C’è maggiore attenzione al fatto che se le cose vanno male per uno, poi vanno male per tutti. Certamente i problemi più grossi sono legati alle aziende manifatturiere, specie dove ci sono attività che con la pandemia hanno preso la strada dello smart working forzato e che non stanno tornando indietro: in questo ambito alcuni elementi che potevano essere di per sé positivi, portati all’estremo hanno conseguenze negative soprattutto dal punto di vista della persona. Il fatto di non avere più il proprio posto, banalmente una scrivania e un pc fisso, porta a uno snaturamento del proprio ruolo e a un distacco rispetto al proprio lavoro, con il rischio di snaturarlo. Oltre a causare difficoltà nel distaccare lo spazio di lavoro da quello di vita. Lo smart woking insomma ha creato anche alcune problematiche che secondo me vanno affrontate al più presto.

 

Fonte: Arcidiocesi Liguria

Di Staff_ReteGenova

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