Sommergibili e sottomarini. Cosa cambia?

Museo Galata: Sommergibili e sottomarini. Cosa cambia?

Anche se spesso lo chiamiamo sommergibile il Nazario Sauro è un sottomarino. Sommergibile e sottomarino infatti non sono sinonimi. Sono definiti sommergibili i battelli concepiti per spostarsi in velocità in superficie e immergersi poi in prossimità dell’obiettivo. Sono imbarcazioni che hanno forme molto affilate e sono più lenti in immersione che in superficie.

La Seconda Guerra Mondiale ha di fatto decretato la fine dei sommergibili: con l’avvento del radar tutti i bersagli in superficie sono diventati facilmente rilevabili e quindi vulnerabili. E’ nata quindi l’esigenza di progettare battelli più prestanti sott’acqua. Tale esigenza si è rivelata poi fondamentale con la Guerra Fredda, dove trovare battelli nascosti era fondamentale.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, ingegneri e progettisti misero a punto scafi detti a goccia. Con forme idrodinamiche e con nuovi apparati di propulsione si realizzarono sottomarini in grado di restare immersi a quota profonda anche per molto tempo e di raggiungere un’elevata velocità anche sott’acqua. Il Nazario Sauro infatti raggiunge i 20 nodi in immersione e 12 in superficie.

 

La storia dei sottomarini in Italia

Il primo sommergibile, Il Delfino

L’Italia ha una lunga tradizione sommergibilistica! Risale al 1889 quando viene impostato il primo sommergibile italiano, il Delfino. Prima unità subacquea italiana, venne progettato nell’Arsenale della Spezia dall’ingegnere Giacinto Pullino. Dotato di un motore elettrico e una batteria di accumulatori. Riuscì a raggiungere un’autonomia di 165 Km in emersione. Dopo un lungo periodo di abbandono, partecipò alla Prima Guerra Mondiale e fu poi disarmato nel 1919.

 

La stagione dei sommergibili fino alla Seconda Guerra Mondiale

Dal 1889 al 1943, in Italia si costruiscono quasi trecento sommergibili, dei quali un centinaio presso i Cantieri del Muggiano alla Spezia, altri a Genova presso i cantieri Ansaldo, altri presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale questa tradizione viene interrotta. Le clausole della pace dettata dagli Alleati vietano all’Italia di progettare e produrre sommergibili.

 

Una nuova stagione: La Guerra Fredda e la nuova produzione italiana

Con l’entrata dell’Italia nella NATO nel 1949, la componente sommergibilistica diventa indispensabile. Soprattutto considerando che l’Italia aveva oltre 8000 km di coste da sorvegliare e proteggere. Gli USA allora cederanno a titolo gratuito alcuni sommergibili risalenti al secondo conflitto mondiale sui quali si addestrerà una nuova leva di ufficiali sottoufficiali e marinai della marina militare per adempiere al compito di pattugliamento delle coste.

Nella seconda metà degli anni ’60, Italcantieri (oggi Fincantieri) su indicazione della Marina inizia la progettazione di una nuova classe di battelli interamente italiani. Questa classe sarà costituita da quattro esemplari, tra cui  il sottomarino S-506 Enrico Toti, musealizzato a Milano presso il Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci.

La classe Toti, concepita per il Mediterraneo è fatta di battelli piccoli, silenziosi manovrieri che ottengono subito l’apprezzamento in ambito NATO per le loro ottime prestazioni.  Sull’onda di questo risultato Italcantieri progetta una nuova classe di battelli, la serie Nazario Sauro. Sono più grandi, hanno maggiore autonomia e in profondità sono più prestanti. Inoltre aumenta la velocità in immersione e migliora l’abitabilità per l’equipaggio.

 

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Fonte: Galata Museo del Mare

Di Staff_ReteGenova

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